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MODIFICA AL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2011, N. 231, IN MATERIA DI RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DELLE SOCIETÀ DI CAPITALI, COOPERATIVE E CONSORTILI

Con il Disegno di legge n. 726, la XVIII legislatura ha prestato la massima attenzione ai temi della tutela della legalità e della prevenzione dei fenomeni viziosi e criminogeni nell'ambito dell’imprenditoria nazionale, ponendo basi ancora più solide affinché si sviluppi una cultura della legalità d’impresa e della prevenzione di ogni stortura e abuso dell’iniziativa economica privata. In tal senso, il predetto disegno di legge intende introdurre l’obbligatorietà del modello di organizzazione, gestione e controllo previsto dal decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e della nomina dell'organismo di vigilanza di cui all'articolo 6, comma 1, del cit. decreto, a tutte le società di capitali e cooperative che non rientrino nei limiti dimensionali e reddituali previsti dall'articolo 2435-bis, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, nonché la previsione di sanzioni pecuniarie per le società inadempienti. Nello specifico, le società di capitali (Srl, SpA, Sapa, cooperative) e quelle consortili, che hanno anche solo in uno degli ultimi 3 esercizi conseguito un attivo dello stato patrimoniale non inferiore a Euro 4.400.000, o ricavi di vendite e prestazioni pari o superiori a Euro 8.800.000, nonché le società controllanti ai sensi dell'art. 2359 c.c. di una o più srl, spa, sapa, cooperative che hanno raggiunto o superato i detti limiti dimensionali, devono approvare con delibera dell'organo amministrativo o dell'assemblea dei soci l'adozione del modello organizzativo 231 e nominare l'organismo di vigilanza. Entro 10 giorni tale delibera deve essere depositata presso la Camera di commercio di riferimento, e l'inosservanza di questo obbligo comporta una sanzione amministrativa di Euro 200.000, applicata anche nel caso di mancata nomina dell'organismo di vigilanza. La sanzione è altresì applicata per ciascun anno solare in cui permane l'inosservanza di entrambi i detti obblighi: mancato deposito e mancata nomina dell'organismo di vigilanza. Qualora il deposito della delibera avvenga tardivamente, la sanzione amministrativa è di Euro 50.000.

Per consentire l'adeguamento alle disposizioni della norma, le sanzioni saranno applicate a partire dal 30.10.2019.

APPROVATO IL TESTO DEFINITIVO DEL DECRETO DI ADEGUAMENTO DELLA NORMATIVA NAZIONALE AL REGOLAMENTO PRIVACY (UE) 2016/679

L’8 agosto u.s. il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per gli affari europei, Paolo Savona, e dei ministri competenti, sotto la presidenza del Presidente Giuseppe Conte, nell’esercizio della delega conferita al Governo dell’art. 13 della L. 25 ottobre 2017 n. 163 (legge di delegazione europea 2016/2017, ha approvato il testo definitivo del decreto di armonizzazione dell’ordinamento italiano al Regolamento (UE) 2016/679 (in vigore dal 25 maggio 2018), recante “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/56/CE”, ora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Sebbene il Regolamento cit. abbia di fatto modificato la prospettiva di tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, e l’approccio stesso alla materia sia oggi dominata dal principio dell’accountability, il Cdm, di seguito all’esame di una commissione appositamente costituita, ha operato una riformulazione non formale ma sostanziale del D.Lgs. 196/2003 a garanzia della continuità, novellando il codice della privacy esistente e facendo salvi per un periodo transitorio i provvedimenti del Garante e le autorizzazioni, nonché i Codici deontologici vigenti, che saranno oggetto di successivo riesame.

In considerazione delle esigenze di semplificazione delle micro, piccole e medie imprese, il decreto attuativo approvato prevede che il Garante promuova modalità semplificate di adempimento degli obblighi del titolare del trattamento.

Sulla base del testo licenziato dalla Camera, per i primi otto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto, il Garante per la protezione dei dati personali terrà conto, ai fini dell’applicazione delle sanzioni amministrative e nei limiti in cui risulti compatibile con le disposizioni del Regolamento (UE) 2016/679, della fase di prima applicazione delle disposizioni sanzionatorie.

Benché, molte disposizioni del previgente codice non siano espressamente richiamate, in quanto assorbite dalle norme del GDPR, il decreto attuativo approvato l’8 agosto 2018, definisce uno dei tasselli sinora mancanti del quadro normativo in materia di protezione dei dati personali, che dovrebbe completarsi per la fine del 2018 o agli inizi del 2019.

LA COMPRAVENDITA DI IMMOBILI E L’OBBLIGO DEL NOTAIO DI APRIRE UN CONTO CORRENTE DEDICATO

Con la legge sulla concorrenza n. 124/2017 è stata introdotta una nuova forma di tutela per chi acquista un immobile. In particolare, l’art. 1, co. 142-143 dispone l’obbligo per il notaio di accendere un conto corrente di deposito vincolato per la somma pattuita dalle parti contraenti. In tale ambito, ai clienti è data la facoltà di richiedere il deposito della somma di denaro pattuita al notaio rogante, fino alla trascrizione del contratto di compravendita. L’intento del legislatore è volto ad assicurare all’acquirente maggiore garanzia contro possibili trascrizione di altro atto di acquisto del medesimo immobile, o di formalità  pregiudizievoli, come sequestro, ipoteca, domanda giudiziale ecc. . La normativa vigente dettaglia le somme di denaro che il notaio rogante è tenuto a  versare sul conto dedicato, ove richiesto dai clienti: gli importi dovuti a titolo di tributi per i quali il medesimo sia sostituto o responsabile d’imposta, e comunque le spese anticipate in relazione agli atti a repertorio dallo stesso ricevuti o autenticati e soggetti a pubblicità immobiliare o commerciale (che non concorrono a formare la base imponibile, e cioè  le somme dovute a titolo di rimborso delle anticipazioni fatte in nome e per conto della controparte, purché regolarmente documentate); ogni altra somma affidatagli e soggetta ad obbligo di annotazione nel registro delle somme e dei valori ci cui alla legge n. 64/1934; l’intero prezzo o corrispettivo, ovvero il saldo degli stessi, se determinato in materia denaro, oltre alle somme destinate ad estinzione di gravami o spese non pagate o di altri oneri dovuti in occasione del ricevimento o dell’autenticazione di atti di trasferimento della proprietà o di trasferimento, costituzione o estinzione di altro diritto reale su immobili o aziende, se in tal senso richiesto da almeno una delle parti e conformemente all'incarico espressamente conferito. Nel caso di specie, il notaio deve ricusare il suo ministero se le parti non depositano, antecedentemente o contestualmente alla sottoscrizione dell’atto, l’importo dei tributi, degli onorari e delle altre spese dell’atto, salvo che si tratti di persone ammesse al beneficio del gratuito patrocinio. Infine, è disposto che le somme depositate nel conto corrente di cui al presente articolo, costituiscano patrimonio separato. In particolare, dette somme sono escluse dalla successione del notaio o altro pubblico ufficiale e dal suo regime patrimoniale della famiglia, sono impignorabili a richiesta di chiunque ed impignorabile è anche il credito al pagamento o alla restituzione delle stesse. Se nell'atto le parti hanno previsto che il prezzo o corrispettivo sia pagato solo dopo l’avveramento di un determinato evento o l’adempimento di una determinata prestazione, il notaio o altro pubblico ufficiale svincola il prezzo o corrispettivo depositato quando gli viene data la prova, risultante da atto pubblico o scrittura privata autenticata, ovvero secondo le diverse modalità probatorie concordate tra le parti, che l’evento dedotto in condizione si sia avverato o che la prestazione sia stata adempiuta.

LA SENTENZA N. 11504/2017: IL PUNTO DI SVOLTA SUL DIRITTO ALL’ASSEGNO DIVORZILE

A seguito dello scioglimento del matrimonio civile o cessati gli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio religioso – sulla base dell’accertamento giudiziale, passato in giudicato, che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita per l’esistenza di una della cause previste dall’art. 3 della L. n. 898/1970 (“Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio”), il rapporto matrimoniale si estingue definitivamente sul piano sia dello status personale dei coniugi, sia dei loro rapporti economico-patrimoniali e, in particolare, del reciproco dovere di assistenza morale e materiale di cui all’art. 143, co. 2, c.c.. In tale contesto, il diritto all’assegno divorzile, riconosciuto all’ex coniuge economicamente più debole, in virtù del principio “assistenziale” costituzionalmente garantito, è stato sinora determinato esclusivamente in ragione della mancanza di “mezzi adeguati” del richiedente o delle effettive possibilità “di procurarseli”, vale a dire della “indipendenza o autosufficienza economica” dello stesso.  Con la sentenza n. 11504/2017, la Cassazione ha ritenuto tale orientamento non più attuale, in considerazione del fatto che un parametro di riferimento siffatto – cui rapportare il giudizio “sull’adeguatezza – inadeguatezza” dei “mezzi” dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio e sulla “possibilità-impossibilità per ragioni oggettive” dello stesso di procurarseli – vada individuato nel raggiungimento dell’indipendenza economica del richiedente e, in particolare, “se è accertato che quest’ultimo è economicamente indipendente o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto. Al riguardo, il Collegio ha preliminarmente osservato che, in coerenza con la stessa nozione di indipendenza economica”, il relativo accertamento nella fase dell’an debeatur debba attenersi esclusivamente alla persona dell’ex coniuge richiedente l’assegno come singolo individuo, cioè senza alcun riferimento al preesistente rapporto matrimoniale. In tale fase di giudizio, i principali “indici” utili ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno della “indipendenza economica” dell’ex coniuge richiedente l’assegno di divorzio, e, quindi, l’adeguatezza o no dei mezzi nonché la possibilità, o no “per ragioni oggettive”, dello stesso di procurarseli, debbano essere ricercati: nel possesso di redditi di qualsiasi specie; nel possesso di cespiti patrimoniali mobiliari e immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita del luogo di residenza della persona che richiede l’assegno; le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo; la stabile disponibilità di una casa di abitazione. Quanto al regime della prova della non “indipendenza economica” dell’ex coniuge che fa valere il diritto all'assegno di divorzio, sempre secondo i principi enucleati dai giudici della Cassazione della sentenza in esame, allo stesso spetta allegare, dedurre e dimostrare di “non avere mezzi adeguati” e di “non poterseli procurare per ragioni oggettive”. In tal modo, la Corte di merito si è nettamente discostata dall’orientamento giurisprudenziale sinora prevalso, non avendo avuto riguardo, in concreto, al criterio della conservazione del tenore di vita matrimoniale, e nel caso di specie, rigettando il ricorso della parte attrice ricorrente.

IL BANCO DEI PEGNI ULTIMA SPIAGGIA DELL’ITALIA IN CRISI

E’ del Sole 24 Ore del 20 febbraio 2017 l’inchiesta relativa al giro d’affari del settore del pegno che sfiora allo stato attuale gli 800 milioni di euro. Il dato rilevante che emerge da una prima analisi del settore, da un lato evidenzia una crescita esponenziale, dall'altro individua i beni che vanno a costituire oggetto del pegno: oro gioielli e orologi di valore. A differenza del prestito personale che viene concesso in base al merito di credito del richiedente, il finanziamento su pegno è basato esclusivamente sul valore dell’oggetto che viene lasciato in garanzia. La polizza al portatore emessa dall'ente creditizio, permetterà al cliente di riscattare il bene impegnato al termine del periodo stabilito. Il prestito può arrivare fino a quattro quinti del valore dell’oggetto del pegno ed è determinato con una perizia da parte della banca o dell’agenzia del pegno. Il finanziamento, a cui si applica un tasso d’interesse che può variare dal 10 al 16 per cento, può avere una durata dai sei mesi ai tre anni, rinnovabili fino ad altre cinque volte. Al termine del periodo concordato, il cliente può decidere di riscattare il bene posto in pegno, o lasciarlo all'ente creditizio che lo destinerà all'asta. Se dalla vendita il ricavato ottenuto sarà superiore al finanziamento erogato, al cliente verrà data la differenza, somma che dovrà riscuotere entro cinque anni. Dall'articolo in commento emerge un altro dato significativo: solo tredici banche concedono a livello nazionale prestito su pegno. Pertanto, questa nicchia di mercato costituisce oggi una preziosa strada percorribile da quei soggetti che, tramite specifica (e più semplificata) richiesta autorizzativa a Banca d'Italia potrebbero trovare, incoraggiati da adempimenti strutturali più snelli, sviluppi operativi ed economici vantaggiosi.

Identificazione del titolare effettivo e Quarta Direttiva Antiriciclaggio n. 2015/849: l’Italia già avanti per via della normativa FACTA E CRS

Da una recente articolo pubblicato su "Il Sole 24 Ore" del 21/11/2016, a cura degli Avv.ti Andrea d'Agostino e Gianluca Cini, apprendiamo che la Direttiva n. 2015/849, c.d. "Quarta Direttiva Antiriciclaggio", sarà recepita da parte del nostro ordinamento entro il prossimo 26 giugno 2017. La conseguenza più immediata sarà senza dubbio la necessità di modificare il Decreto Legislativo n. 231/2007. In particolare, l'introduzione di taluni specifici reati di natura fiscale andranno a definire fattispecie criminose connessi alle imposte dirette e indirette che più in generale, amplieranno la definizione di "attività criminosa". Un'altra importante novità introdotta dalla Quarta Direttiva Antiriciclaggio che andrà ad interessare anche gli intermediari finanziari, riguarda l'introduzione dell'obbligo per tutti gli Stati Membri di registri centrali, nei quali dovranno essere iscritti i nominativi dei titolari effettivi di società ed altre entità giuridiche, inclusi i trust. Si evidenzia sul punto la rilevanza dell'identificazione del c.d. titolare effettivo rispetto agli obblighi imposti dalla normativa antiriciclaggio. La Direttiva in commento prevede "una riduzione della percentuale di possesso della titolarità del diritto di proprietà dal 25% al 10%, relativamente a società non finanziarie allineando la normativa comunitaria a quella statunitense". La consultazione dei sopra indicati registri, sarà resa disponibile sia alle autorità competenti che agli "enti obbligati" e privati che abbiano un "interesse legittimo". Quanto all'operazione di identificazione del titolare effettivo, questa dovrà essere interpretata secondo le raccomandazioni del GAFI e non più secondo quanto sinora imposto dal D.Lgs. n. 231/2007. A tal proposito, si rammenta che la definizione di titolare effettivo del GAFI risulta già essere conforme a quanto previsto dalla Quarta Direttiva Antiriciclaggio e che pertanto le procedure poste in essere da parte degli intermediari finanziari italiani dovrebbero già essere conformi alla direttiva in esame a far data dal giugno del 2015, in virtù dell'applicazione delle normative FATCA e CRS.

Nuovo pegno con super-garanzia

E' del  "Il Sole 24 Ore" del 5 maggio la notizia dell'introduzione nel nostro ordinamento con il D.L. 3 maggio 2016, n. 59 del c.d. "Pegno non possessorio". L'articolo mette in luce gli aspetti peculiari del nuovo istituto che andrà a velocizzare e semplificare le procedure atte al recupero dei crediti garantiti a fronte di un inadempimento da parte del debitore. Per pegno non possessorio si intende il pegno concesso mediante atto scritto, pubblicato in un apposito registro tenuto con modalità informatiche dall'agenzia delle Entrate. Con questa pubblicità il pegno si costituisce, prende grado e diviene opponibile ai terzi. Il nuovo istituto è concedibile solo dagli imprenditori iscritti nel Registro delle imprese e serve a garantire i crediti loro concessi , beni mobili "presenti o futuri", "determinati o determinabili", inerenti all'esercizio dell'impresa. Se non diversamente stabilito dalle parti in sede contrattuale, il debitore è autorizzato a trasformare o alienare i beni oggetto del pegno. Il Creditore, in caso di inadempimento, al verificarsi di un evento che determina l'escussione del pegno, previo avviso scritto al datore della garanzia e ai sensi di quanto disposto dall'art. 1 del Decreto Legge n. 56/29016, potrà avvalersi di modalità  finalizzate al recupero del credito erogato più semplici e celeri rispetto a quanto sinora previsto dalle procedure concorsuali in ambito giudiziale.